La figura professionale

La figura professionale del Pastoral Counselor proposta e formata secondo l’indirizzo specifico dell’Istituto Studi e Ricerche di Pastoral Counseling ha il seguente profilo: il Pastoral Counselor è l’operatore pastorale, in possesso del diploma triennale di specializzazione in pastoral counseling, che svolge l’attività riconosciuta pubblicamente quale vera e propria diaconia ecclesiale.

La sua formazione è interdisciplinare e si fonda su un solido riferimento alla visione cristiana del mondo e dell’uomo in piena fedeltà al Magistero della Chiesa Cattolica; l’orientamento prescelto delle discipline di riferimento (teologia, filosofia, psicologia, pedagogia psichiatria, sociologia…) è la ‘prospettiva personalistico-relazionale’.

Le competenze relazionali e comunicative acquisite contribuiscono a promuovere una vera e propria “cultura del counseling” quanto mai utile nella società plurale e multiculturale, del nichilismo e dell’indifferenza, dove si fa sempre più urgente motivare e abilitare all’incontro umano autentico e al dialogo per temperare il crescente individualismo e solipsismo della mentalità contemporanea.

L’attività del Pastoral Counselor è rivolta alla persona, alla coppia, alla famiglia. In primo luogo i counselors pastorali diplomati al nostro Istituto possiedono una particolare preparazione per operare a favore dei presbiteri e dei religiosi/e, dei seminaristi e dei novizi/e, dell’orientamento e dell’accompagnamento vocazionale e quest’ultimo soprattutto nei momenti di criticità . Inoltre sono attrezzati a prestare il loro servizio alle comunità parrocchiali, in centri di ascolto Caritas, ai degenti e al personale di ospedali e cliniche, agli ospiti e al personale di residenze sanitarie e sociosanitarie, di centri diurni socio-sanitari, di hospice, ai soci di associazioni di volontariato, ai detenuti e ai famigliari degli stessi.

Individua i bisogni pastorali delle persone, delle famiglie, dei gruppi sociali, delle organizzazioni, delle comunità e le priorità di intervento preventivo, formativo e informativo, educativo e culturale, etico e bioetico, finalizzato alla crescita personale e interpersonale, al superamento di difficoltà, fragilità e problemi esistenziali (lutti, fallimenti, paura della morte, divorzi, problemi educativi, solitudine, dubbi, malattie, problemi finanziari, interrogativi esistenziali, ecc.) degli individui attraverso l’esperienza della fede cristiana. E’ da considerare, tuttavia, che in alcuni casi gli interlocutori possono seguire una impostazione esistenziale in cui la fede è estranea; questo non significa che il pastoral counselor verrà meno alla aperta dichiarazione della sua appartenenza all’universo valoriale della fede e che i singoli casi non siano confrontati con il Vangelo e considerati alla luce della fede, della maturità umana e spirituale del soggetto, del problema presentato e degli obiettivi perseguiti nella feconda prospettiva della legge della gradualità.

La fede cristiana facilita infatti la percezione e l’interpretazione positiva degli eventi.  Entrambe perciò possono essere viste come fattori importanti e circolari di protezione dello sviluppo umano, di accompagnamento nelle scelte di vita, di orientamento nella scelta di uno stile di vita individuale e sociale sulla base di valori e virtù (reciprocità, prossimità, vicinato, solidarietà, coesione, inclusione sociale, felicità, amore, benevolenza, ottimismo, intimità, identità, integrità, gratuità, mitezza, libertà, responsabilità, resilienza, riposo, equilibrio, equità, giustizia, speranza, fede, carità, coraggio, salute, serenità interiore, benessere, sobrietà, parsimonia, ecc) vissuti umanamente e cristianamente e condivisi con le altre persone per affrontare le sfide quotidiane.

L’attività di Pastoral Counseling può essere non formale, informale, formale e d’iniziativa.

L’attività non formale

consiste nella partecipazione e condivisione responsabile della vita della comunità cattolica. L’attività informale è rivolta alle persona, alla famiglia, a un gruppo e consiste in un incontro unico su appuntamento o occasionale, oppure in sequenza di incontri non strutturati. In entrambi i casi si tratta di attività, impregnate di sensibilità e condotte appropriatamente, che possono risultare di grande efficacia e avviare ad un tipo di counseling più approfondito. La pratica informale è l’attività ordinaria maggiormente utilizzata dal Pastoral Counselor e include anche la visita ad una persona, ad una famiglia, ad una istituzione, un colloquio individuale, con una coppia di coniugi, con una famiglia, in incontri con persone (giovani, adulti, anziani) connessi alla pratica religiosa e spirituale

L’attività formale

implica la presa di coscienza del problema o della difficoltà di una persona bisognosa di aiuto e la decisione libera da parte della stessa di impegnarsi in un processo di relazione di aiuto strutturato secondo norme e metodologie particolari, condivise da ambedue i partner della relazione. Rientrano nell’attività formale l’accompagnamento di una persona nel suo cammino di crescita, nel superamento di un conflitto esistenziale o familiare, nel fronteggiamento di criticità nel percorso vocazionale ( cfr. un presbitero, un/a religioso/a, un seminarista o novizio/a, una coppia, che desiderino essere aiutati fare luce sulla loro situazione problemica. Nel contesto socio-sanitario – soprattutto nel settore dei malati cronici, lungodegenti, non autosufficienti, delle dipendenze (alcoldipendenza, tossicomania, tabagismo, dipendenza da gioco d’azzardo, ecc.), – lavorativo, scolastico e associativo (sportivo, ricreativo, culturale) è possibile incontrare persone che richiedono di impegnarsi in un percorso strutturato di pastoral counseling.

L’attività d’iniziativa

consiste nell’insieme di atteggiamenti e di gesti che consentono al Pastoral Counselor di andare incontro a persone bisognose di aiuto (malati cronici, disabili, persone non autosufficienti, ecc.) rendendosi disponibile al dialogo e alla conversazione. L’iniziativa occupa un posto di rilievo nell’attività pastorale e si realizza anche tramite interventi programmati dalla comunità cattolica come visite a famiglie, in ospedale, nei luoghi di lavoro, ecc. finalizzate all’umanizzazione, all’incontro e al dialogo, al benessere, alla salute nella fedeltà alla Parola di Dio.

Ciò si verifica soprattutto nel mondo sanitario, dove la riduzione dell’attività sacramentale ha dato maggior rilievo, in questi decenni, all’incontro pastorale. Inoltre, nelle sue forme di terapia della trascendenza, di appoggio, di incoraggiamento e di consolazione, il pastoral counseling può essere una delle attività più attese dai malati e dal personale sanitario. Ed è un bisogno avvertito anche dai medici, infermieri e operatori sociosanitari per migliorare la propria competenza relazionale. L’ospedale e l’hospice, in particolare, sono il luogo in cui, in maniera più macroscopica, gli aspetti tecnici e gli aspetti di relazione si intersecano nell’azione di aiuto al paziente e ai famigliari.[/su_spoiler][su_spoiler title=”Gli sbocchi occupazionali:”  icon=”chevron-circle” class=”spoiler1″]comunità di formazione alla vita sacerdotale (Seminari) e consacrata ( case di formazione/postulandati e noviziati), comunità parrocchiale, ente pubblico e privato, istituto scolastico, azienda, impresa, cooperativa, associazione di volontariato, privato o sociale. Il Pastoral Counselor svolge la sua attività in regime di dipendenza o libero professionale.

Il Pastoral Counselor, attraverso tali modalità di lavoro professionale, opera e collabora pertanto con comunità di formazione alla vita sacerdotale e consacrata, enti, istituzioni, associazioni, gruppi per:

  •  identificare i bisogni formativi e informativi delle persone attingendo a dati pastorali e religiosi, epidemiologici, psicologici, economici, socio-culturali;
  •  individuare i fattori sociali e relazionali di rischio ed assumere la responsabilità di attuare iniziative e interventi specifici che rientrano nell’ambito delle competenze;
  •  progettare, programmare, attuare e valutare gli interventi di educazione alla salute e al benessere psicologico, relazionale, religioso e spirituale in tutte le fasi della vita della persona, collaborando con i sacerdoti, i diaconi, gli insegnanti, i catechisti, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, gli infermieri, gli operatori sociosanitari, gli assistenti sociali, gli psicologi.
  •  collaborare alla definizione di metodologie di comunicazione per programmi e campagne di promozione, prevenzione e educazione alla salute fisica, psichica, sociale e spirituale;
  •  concorrere alla formazione dei coniugi alla genitorialità;
  • intervenire nei programmi di formazione delle persone al matrimonio religioso contribuendo ad affrontare i temi della libertà e responsabilità rispetto alla via e all’unione familiare, alla paternità e maternità, alla formazione dei figli;
  • attuare interventi specifici di sostegno alla famiglia, attivando risorse di rete anche in collaborazione con i medici di medicina generale ed altri operatori del territorio e partecipando ai programmi di aiuto alle famiglie;
  •  concorrere alla formazione dei formatori negli ambiti delle comunità dei seminari, postulandati, noviziati; dedicarsi allo studio della valutazione e del miglioramento dei progetti formativi;
  •  relazionare e verbalizzare su temi e problemi sociali e culturali alle autorità competenti e proporre soluzioni operative;
  •  partecipare alle iniziative di valutazione e miglioramento della qualità dei servizi e delle attività pastorali anche in ambito sociale, sociosanitario, sanitario, ricreativo, culturale, sportivo (azienda, impresa, ospedale, carcere, case di riposo, residenze sanitarie e sociosanitarie, hospice, centri diurni, comunità terapeutiche, oratori centri sportivi e ricreativi, ecc.) contribuendo a rilevare, in particolare, le problematiche relazionali, etiche e i livelli di gradimento da parte delle persone, concorrendo alla realizzazione di iniziative dirette alla tutela dei diritti umani.